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"Intervista con la scrittrice Dacia Maraini" di Gaither Stewart

Dacia Maraini
Dacia Maraini

 

Libri e Scrittori, Femmismo e Cultura, Amore e Nostalgia
Era molto tempo che non mi capitava di essere all'ottavo piano in un edificio romano, visto che a Roma la maggioranza dei palazzi raramente raggiunge i cinque o sei piani. L'ho sentita correre ad aprire la porta e poi tornare al telefono. "Sto dando un'intervista, richiamami alle sette" ha detto, mentre io nel frattempo venivo catturato dal panorama dalla sua finestra: il tramonto romano, la meraviglia per la quale molti pittori di tutto il mondo sono venuti a dipingere nella Città Eterna. Enorme, arancio-rosso, il sole affonda dietro la Cupola di San Pietro. Dietro il fiume Tevere l'orizzonte intero è in fiamme. "Sono orgogliosa di questa vista" dice la mia ospite, la scrittrice di successo Dacia Maraini.
Una di quelle persone che ti piacciono subito. Non è necessario rompere il ghiaccio per conoscerla. È qualcosa nel suo sorriso, nel modo in cui muove le mani o cammina per la casa per preparare il té. L'appartamento riflette il suo calore: è invitante ma non pretenzioso, con cuscini confortevoli, muri di libri e dipinti (ma non troppi), pavimenti di legno e alcuni tappeti. Una stufa a petrolio complementa lo scarso riscaldamento dei piani alti nei freddi inverni di Roma.
Ho detto alla signora Maraini che l'avevo pensata a proposito di una serie di letture sulla situazione delle donne tanto esaltata nella letteratura rinascimentale. Michelangelo aveva iniziato a cambiare le cose nel suo dipinto "Il Giudizio Universale", nel quale Eva non prende il frutto proibito da offrire ad Adamo ma ognuno coglie il frutto da sé; che non è la stessa cosa. Eppure, ancora nel XVII secolo la prima donna laureata nella famosa Università di Padova generò polemiche in tutta Europa. Le donne colte in Europa generalmente sollevavano sospetti e spesso erano considerate demoniache. Queste donne non erano obbedienti. Si rifiutavano di seguire vecchi percorsi. La strega, caricata di cultura maschile, era una mistica anarchica. Il destino della donna era di diventare una strega. Così la donna inizia come Eva a cogliere un frutto, e poi diventa una strega. Mi sono schiarito la voce nervosamente, certo che la mia introduzione sia stata troppo forte. Chissà se la Maraini avrebbe pensato che stavo cercando di impressionarla.
"Le cortigiane rinascimentali erano donne dalle mille sorprese" disse la Signora Maraini anche lei andando al passato. "La cortigiana di quel periodo fu una grande invenzione perché permise alle ragazze di studiare e imparare, come la poetessa veneziana del XVI secolo, Veronica France, che portava il fiocco giallo ufficiale delle prostitute. Aveva una ricchissima vita letteraria, scriveva libri e poesie e nella sua grande casa riceveva gente importante quale il re Enrico III. D'altra parte, Isabella Mora, figlia di un nobile, desiderava acquisire una cultura come i fratelli che studiarono a Roma e Parigi. Quando il padre si accorse della sua effervescenza intellettuale e del fatto che lei desiderava essere diversa la rinchiuse in un castello isolato del sud. Quando i fratelli scoprirono che Isabella aveva trovato un tutore che le prestava libri e con il quale corrispondeva sui libri e la cultura, la uccisero. Quello era il frutto proibito per le donne. Se il Cattolicesimo fu sempre un freno per le donne e i loro diritti, la poesia cinquecentesca di Veronica France risuona come gli scritti delle femministe moderne. Veronica si indirizzava agli uomini con frasi come: "voi usate la spada, io uso la parola". Oppure: "tu sei un vincitore perché il mondo è dalla tua parte; io sono una perdente perché sono una donna".
"Questo era un pensare rivoluzionario" dice la Signora Maraini. "E se una donna scriveva queste cose, altre le pensavano. Eppure, l'emancipazione delle donne qui iniziò intorno al 1900 con un libro di Annamaria Mozzoni, la storica del movimento delle donne. Comunque, il movimento più avanzato per i diritti delle donne in Italia emerse dai fermenti del 1968. Da allora abbiamo nuove leggi sulla famiglia, l'aborto, il divorzio e le violenze. Sono caduti molto miti come la santità del matrimonio e l'amore stesso, che fino ad allora era stato visto in maniera ottocentesca. Senza l'azione delle donne dopo il 1968, le leggi sul divorzio e l'aborto non sarebbero mai venute alla luce".
Dacia Maraini è stata in prima linea nella lotta per i diritti delle donne in Italia (nazione che in molti aspetti sociali è arretrata nei confronti del nord Europa). Dacia è una femminista. Si è occupata degli stessi temi femministi di Nadine Gordimer e Germaine Greer. Eppure, si distanzia dall'ideologia femminista. "Io non sono una scrittrice di saggi ma una scrittrice di racconti. La letteratura deve allontanarsi dall'ideologia. La letteratura è visionaria e immaginativa. Io credo che le scrittrici di romanzi abbiano allargato la discussione femminista con i loro libri. Ma non si può fare letteratura con la limitazione dell'ideologia. Io penso che l'ideologia segua le orme della fantasia, non il contrario. Il femminismo dovrebbe liberare la fantasia e l'immaginazione delle donne. Le donne dovrebbero usare il grande potere e libertà ottenuti con il femminismo per sviluppare la loro fantasia".
Nell'ultimo secolo l'Italia ha avuto un numero elevato di eccellenti scrittrici come Annamaria Ortese, (poco conosciuta nella stessa Italia) Elsa Morante, Natalia Ginsburg, Lalla Romano, e Anna Banti. La scrittrice sarda, Grazia Deledda [1875-1936] scrisse 20 libri, vinse il premio Nobel, morì e scomparve dalla scena letteraria. Non è stato fatto nessuno studio sul suo lavoro. Non è neanche stata inclusa nelle antologie più importanti.
"Iniziare a scrivere è difficile per tutti. Le donne hanno qualche vantaggio perché 70% dei lettori di romanzi in Italia sono donne. Il 10% circa degli scrittori italiani è donna, similmente ad altre nazioni. Ma le antologie degli ultimi venti anni sono il vero metro di paragone; le donne vi sono rappresentate meno del 5%. Le donne hanno il loro pubblico, ma il problema è di essere ricordate dopo la morte. Kellogg, saggista americano, ha scritto che uno scrittore non può durare a meno che non riesca ad entrare nell'accademia. Le scrittrici donne possono vendere bene e diventare popolari ma il mondo accademico in Italia gli è generalmente precluso. È un mondo maschile, reazionario, tradizionalista e misogino. Per cui le scrittrici donna come la Deledda spariscono dopo la morte".
Nata a Firenze, Dacia Maraini ha vissuto i primi otto anni della sua vita in Giappone; anni formativi ma, per lei, un incubo. Suo padre, un noto orientalista e la sua aristocratica madre siciliana erano noti antifascisti. La famiglia intera, incluse le tre bambine piccole, era stata imprigionata vicino a Kyoto in un campo per antifascisti, in un'atmosfera di brutalità ai limiti degli stenti. Questa è stata un'esperienza determinante per me. Conoscere la fame e sentire la sensazione di morte quotidianamente. Era un tipo di campo Buchenwald, molto, molto duro. Niente da mangiare e tutte le malattie immaginabili, lavoro forzato e crudeltà sadiche. Il coraggio di mio padre ci ha salvato. Noi bambine saremmo morte. Siccome lui conosceva la mentalità giapponese decise di applicare la tradizione dello yubikiri: si tagliò un dito con un ascia e lo tirò ai giapponesi. Questo è considerato un atto di coraggio supremo. Significa; "tu sei un codardo e io sono più coraggioso di te". Ci diedero il latte che ci salvò la vita. Oggi io non scrivo del Giappone, anche se sento affetto per quella gente buona e raffinata. Comunque, quest'esperienza ha rafforzato l'amore verso mio padre che ha influenzato i miei temi letterari".
Dopo la liberazione da parte degli americani, la famiglia Maraini ritornò a Firenze dove Dacia passò tre anni in un repressivo colleggio cattolico per ragazze. Ricorda come fosse pregno di quelle piccole discipline che condizionarono generazioni di donne italiane. "Sono sempre stata una ribelle. Ho saputo subito che la mia vocazione era per la cultura. Avevo una grande passione per la letteratura e ho sempre scritto da quando posso ricordarmi. Mio padre scriveva. Mia nonna era scrittrice. Ho visto la mia ribellione come la ricerca di un modo nuovo di esprimermi. A diciannove anni, dopo che andai a Roma, pubblicai insieme ad alcuni amici una rivista chiamata Tempo di Letteratura".
Nel 1963, a ventiquattro anni la Maraini pubblicò il suo primo romanzo La Vacanza. L'anno dopo, il suo romanzo L'Età del Malessere vinse un importante premio letterario, il Prix Formentor. Si stava avviando a diventare una delle scrittrici italiane importanti. Da alcuni dei suoi romanzi sono stati tratti dei film. Ha sempre scritto poesie, ha pubblicato varie raccolte di poesie e diverse opere teatrali. I suoi libri sono stati tradotti in più di dodici lingue. Nel 1986 ha pubblicato una biografia di Moravia, con il quale ha vissuto per diciotto anni e del quale è rimasta amica fino all'ultimo. L'anziano Moravia, che amava le donne e soprattutto le donne belle e giovani, la aiutò e stimolò ma i loro stili e gli scritti sono mondi a parte.
Voglio soffermarmi un momento su un tipico romanzo di Dacia Maraini. È improbabile che Isolina possa venire pubblicato all'estero, ma dimostra l'impegno sociale e politico della scrittrice. Isolina è una ragazza giovane, di famiglia operaia, dalla dubbia moralità, nella cattolicissima città di Verona. Diventa l'amante di un ufficiale militare. Quando rimane incinta viene uccisa o muore in un tentativo di aborto. Viene tagliata a pezzi da una mano esperta e gettata nel fiume Adige. Non solo nessuno viene incriminato per il delitto ma Isolina viene cancellata dalla memoria della città. Nella meticolosa ricostruzione ripresa dai giornali e da archivi e testimonianze della città e del tribunale, la Maraini di tanto in tanto aggiunge i suoi commenti. Ad un certo punto scrive (e il suo libro ne è la prova), quanto sia difficile eliminare completamente una vita umana. C'è qualcosa che rimane sempre. Siccome l'amante di Isolina è un militare e ha le responsabilità maggiori nella tragedia, il libro diventa un attacco alla casta militare. Verona era una città militare con gli ufficiali al di sopra di ogni sospetto. Se il libro è segnato dall'antimilitarismo ha anche un'ispirazione anti-maschilista.
"Fino al momento in cui gli uomini si identificheranno con lo spirito militare il libro è anti-maschilista. Gli uomini che si identificano con la guerra sono i miei nemici. Non sono solo nemici delle donne ma anche nemici di altri uomini. L'apice di questa ideologia militare è la guerra. Questo è un mondo creato da uomini, in modo particolare contro le donne. Secondo la vecchia tradizione i vincitori avevano il diritto di violentare le donne. Le donne diventano oggetti. Questa pratica è parte dell'ideologia di guerra. Le donne non ne fanno parte."
Anche se nel suo libro autobiografico, Bagheria, la Maraini rievoca un passato lontano, ella respinge i sentimenti di nostalgia. Bagheria è il nome di una città vicino a Palermo, un tempo luogo di ville maestose e magiche con parchi, fontane e fiori; luogo in cui molti europei d'elite si incontravano. Prima che arrivassero i siciliani ci furono i fenici, i greci, gli arabi, i normanni e i borboni. La famiglia della madre viveva nella sontuosa Villa Valguarnera. Il libro Bagheria racconta del suo ritorno nel luogo e testimonia la distruzione di questo antico tesoro siciliano da parte della mafia; ville distrutte, parchi coperti di cemento, un'intera città preda della mafia.
"Ho vissuto in Sicilia per molti anni e mi rendo conto che il vero problema lì è la mafia. La Sicilia è culturalmente ricca, la gente è intelligente, capace, intraprendente, immaginativa. Ma è terrorizzata dalla mafia. Conosco molti che se ne sono andati a causa delle difficoltà. Per me non c'è veramente una possibilità di ritorno laggiù. L'impossibilità della Sicilia è un'altro dei motivi per cui la nostalgia non fa parte della mia esperienza. In generale uno sente nostalgia per l'infanzia. La mia infanzia fu terribile. Il campo di concentramento e la scuola cattolica. Gli anni dai 10 ai 18 in Sicilia furono anni di sopravvivenza. Eravamo poveri. La società era chiusa. Ero prigioniera di una mentalità repressiva che non era solo cattolica ma anche araba. Ricordo una compagna di scuola che ogni pomeriggio veniva incatenata dal padre al letto. Questo era considerato normale. Casa mia era la libertà ma non ciò che mi circondava. Quando uscivo da sola la gente mi guardava da dietro gli scuri delle finestre e mi considerava una donna poco perbene".
Il cielo romano era nero quando esaurimmo le parole. Potevo a malapena distinguere il profilo oscurato di San Pietro dietro Castel Sant'Angelo e i palazzi lungo le rive del Tevere. La stanza era in penombra quando spensi il registratore. I pavimenti di legno scricchiolarono nel silenzio improvviso. Il telefono squillò nella stanza accanto. Il suo prossimo appuntamento, lo sapevo. "Ha abbastanza materiale per scrivere un libro" disse la Signora Maraini e rise. "Un giornalista ha fatto esattamente questo; è riuscito a scrivere un libro da un'intervista come la nostra oggi".

Gaither Stewart vive a Roma e collabora, fra diversi progetti, come corrispondente dall'Europa per il Greanville Post.

Esperto giornalista, romanziere e saggista tratta diversi argomenti, dalla cultura alla storia alla politica.

È anche l'autore della Trilogia Europea, celebrati racconti di spie di cui l'ultimo volume, Time of Exile, è stato recentemente pubblicato da Punto Press.