In Giappone il sarto sposa erede trono aveva ricevuto un rinfresco di Stato; un giornale berlinese aveva dedicato sei pagine sarto primo cancelliere donna tedesco. Pagine in parlava di qualità artigianale, di fantasia, di eleganza. Pasquale aveva una rabbia, ma una rabbia impossibile da cacciare fuori. Eppure la soddisfazione è un diritto, se esiste un merito questo dev'essere riconosciuto. Sentiva in fondo, in qualche parte del fegato o dello stomaco, di aver fatto un ottimo lavoro e voleva poter dire.
Sapeva di meritar qualcos'altro. Ma non era stato detto niente. era accorto per caso, per errore. Una rabbia fine a se stessa, spunta carica di ragioni ma di queste non può far nulla.
Non avrebbe potuto dir a nessuno. Neanche bisbigliar davanti al giornale del giorno dopo. Non poteva dire "Questo vestito ho fatto io". Nessuno avrebbe creduto a una cosa genere. La notte Oscar, Angelina Jolie indossa un vestito fatto ad Arzano, da Pasquale. Il massimo e il minimo. Milioni di dollari e seicento euro mese di stipendio guadagnava Pasquale. Quando tutto ciò è possibile è stato fatto, quando talento, bravura, maestria, impegno, vengono fusi in un'azione, in una prassi, quando tutto questo non serve a mutare nulla, allora viene voglia di stendersi a pancia sotto sul nulla, nel nulla. Sparire lentamente... Smettere di fare qualsiasi cosa... Tanto nulla può mutare condizione: nemmeno un vestito fatto ad Angelina Jolie e indossato la notte Oscar.
Pasquale uscì di casa, non curò neanche di chiudere la porta. Luisa sapeva dove andava, sapeva sarebbe andato a Secondigliano e sapeva andava a incontrare. Poi buttò divano e immerse la faccia cuscino come una bambina...."